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LE DIFFERENZE FRA METODO CLASSICO E METODO CHARMAT

Quando si parla di Champenoise e Charmat ci si riferisce a due differenti modalità di spumantizzazione. I vini effervescenti non nascono infatti così, vengono sottoposti a un procedimento particolare attraverso il quale acquistano la caratterista bollicina, che li rende gradevoli e raffinati al palato.

Dal metodo Charmat e classico nascono, ad esempio, rispettivamente il nostro spumante (Franciacorta e Asti) e lo Champagne. Lo spumante è una categoria di vino la cui caratteristica principale è, come suggerisce il nome stesso, la notevole quantità di spuma che si forma quando il prodotto viene versato nel bicchiere. Le origini dello spumante sono incerte: in Italia già nel XIV secolo è attestata la presenza di vino spumeggiante, ma è nel XVII secolo, nell’abbazia di Hautvillers in Francia, che la bevanda assume le sue attuali caratteristiche grazie all’abate Don Pérignon, raggiungendo standard qualitativi molto alti. Lo spumante viene, erroneamente, spesso confuso con lo Champagne: anche se entrambi sono vini effervescenti, tuttavia presentano delle differenze consistenti. Infatti lo Champagne è ottenuto esclusivamente con il metodo classico, detto Champenoise, e con l’uso esclusivo di tre varietà d’uva: Pinot Noir, Pinot Meunier e Chardonnay, coltivate nella regione della Champagne, in Francia. Lo spumante, al contrario, viene ottenuto da diverse qualità di uva coltivate in tutto il mondo e secondo differenti metodi di lavorazione. Infatti, il vino spumante, a differenza dello Champagne, può essere ottenuto sia con il metodo Charmat sia con metodo classicoPer maggiore chiarezza, è necessario specificare che il termine spumante può anche essere usato in maniera generica. Esso indica, infatti, una tipologia complessiva di vini, tra cui possiamo annoverare anche lo Champagne. Vediamo ora nel dettaglio quali sono le differenze tra metodo classico e Charmat.

IL METODO CLASSICO O CHAMPENOISE

Il metodo classico di spumantizzazione è anche noto come metodo Champenoise – dal nome della regione francese della Champagne in cui ha avuto origine – è la modalità più tradizionale di creazione di vini di questo tipo. Nonostante nel corso del tempo, sia stato progressivamente sostituito dal metodo Martinotti-Charmat per ragioni di praticità e risparmio economico, il metodo classico continua ad essere utilizzato per la produzione dello Champagne. La caratteristica principale del metodo classico consiste nella presa di spuma – realizzata mediante l’aggiunta di lieviti e zuccheri selezionati – che avviene direttamente all’interno della singola bottiglia di vino. Durante questa seconda fase di fermentazione, della durata variabile fra i 18 e i 30 mesi, gli zuccheri sono lentamente consumati dai lieviti, dando vita ad una reazione chimica che produce le bollicine caratteristiche di vini frizzanti.

Una condizione fondamentale affinché si crei la spuma è la posizione orizzontale che deve essere mantenuta dalle bottiglie: solo in questo modo, infatti, il contenuto liquido potrà entrare in contatto con i lieviti e le fecce esauste dei lieviti concentrarsi nel collo della bottiglia (in modo che possano essere rimosse più facilmente una volta conclusa la fermentazione). Trascorsa questa prima fase del processo, inizia la fase di remuage (letteralmente “scuotimento”): la bottiglia viene fatta ruotare di un ⅛ di giro ogni giorno per circa 1-2 mesi per favorire l’affinamento dei lieviti e la creazione dell’anidride carbonica. In seguito, si passa al dégorgement (“sboccatura”), ovvero all’eliminazione delle fecce esauste di lievito raccoltesi nella zona del collo della bottiglia. Un tempo, questo processo poteva essere svolto soltanto stappando la bottiglia, ma al giorno d’oggi esistono macchinari specifici che congelano il collo della bottiglia per intrappolare i residui della fermentazione in un blocco di ghiaccio, che viene poi espulso per effetto della pressione. Infine, al vino viene aggiunto il cosiddetto sciroppo di dosaggio, ad alto contenuto zuccherino. Il risultato di questo processo sono vini Champagne che hanno come caratteristiche non soltanto un sapore corposo, ma anche un perlage definito e persistente, perché il lungo periodo di fermentazione in bottiglia consente alle bollicine di anidride carbonica di legarsi alle proteine, amalgamandosi perfettamente al vino.

IL METODO CHARMAT

Questo metodo è in realtà conosciuto con la doppia nomea di Martinotti-Chamat: infatti, Federico Martinotti – noto enologo – fu colui che per primo brevettò il metodo della rifermentazione nel 1895, mentre Eugéne Charmat mise a punto i macchinari e le attrezzature necessarie 15 anni più tardi. Da allora, grazie ai numerosi vantaggi, questa modalità di produzione si è diffusa in tutto il mondo, confermandosi la più utilizzata per la produzione di vini frizzanti e spumanti. Le ragioni della grande popolarità di questo procedimento sono molteplici, prima fra tutte la grande praticità e i costi contenuti. Infatti, a differenza di quanto prevede il metodo classico, nel Martinotti-Charmat la rifermentazione del vino non avviene in bottiglia, bensì nella cosiddetta autoclave: è infatti all’interno di questo ambiente – a temperatura e pressione controllata – che vengono aggiunti i lieviti e gli zuccheri responsabili del fenomeno del perlage, tipico dei vini frizzanti. Questa fase può protrarsi da 1 a 6 mesi a seconda della varietà di spumante che si desidera realizzare. Ricordiamo che lo spumante viene realizzato sia con metodo classico che Charmat. Se a questo punto vi chiedete “come fare il prosecco?” la risposta è il metodo Charmat! Infine, è opportuno sottolineare che le uve trattate con il metodo Martinotti-Charmat – le più apprezzate sono il Moscato, la Malvasia, il Brachetto e la Glera – grazie a questa lavorazione, vedono particolarmente valorizzate ed esaltate tutte le proprie note aromatiche e fruttate. Per questo motivo, il metodo Charmat è particolarmente adatto per la produzione di vini freschi ideali per brindisi e aperitivi.